ieri, in una giornata di diluvio, dopo una notte insonne, con un fastidioso freddo addosso che non se ne andava nemmeno con dieci strati di vestiti, toccava la PET. Ho sempre pensato che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico quell’ora in cui aspetto che mi consegnino il referto (al prima ci sono abituata, dopo tanti anni; sono abituata all’esame, in cui quasi dormicchio; sono anche quasi abituata al dopo, quando le notizie non sono ottime: ho la fortuna di avere una testa che mi porta ad organizzare subito il da farsi – i risvegli notturni sono poi altra cosa, quelli non si controllano).
Quell’ora, invece, mi mette davvero a confronto con l’ignoto.
Nonostante le premesse, è andata molto bene. Sto facendo abraxane da giugno e, a parte un lievissimo incremento osteoaddensante, il fegato non capta più nulla (! – qui c’è scappato l’abbraccio al refertatore, che conosco da un pezzo) e i linfonodi nemmeno, qualche altra cosa è sparita o molto ridotta.
Insomma, un pet-day da incorniciare (comprese le tre ore di sonno sul divano, al ritorno a casa. I gatti hanno molto apprezzato).