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il deserto da coronavirus Se Don Ciccio si trovasse agli arresti domiciliari (un paradiso, rispetto al 41 bis) si affaccerebbe ogni tanto ad uno dei balconi di casa sua e vedrebbe uno scorcio della sua Catania, ormai praticamente deserta: sentirebbe una macchina (lontana) ogni tanto, non vedrebbe nessun passante al di fuori dei pochi che portano a passeggio un cagnolino, scruterebbe, pensoso, un cielo nuvoloso e triste. I suoi familiari (rimasti in pochi) passerebbero dalla televisione, al tablet, allo spuntino fatto tanto per fare qualcosa, cercando di trascorrere il tempo come si può; il suo cane sonnecchierebbe respirando rumorosamente (se non proprio russando), tra una coccola e un'altra. Rimarrebbe - come tutti - nell'attesa di conoscere l'ultimo decreto sulle attività produttive per fare una previsione sull'andamento dei suoi loschi affari, o quanto meno per stimare la percentuale di aziende che non potranno più pagargli il pizzo. E rifletterebbe - senza farne parola con nessuno - sul fatto che il suo lutto è avvenuto immediatamente prima delle limitazioni profilattiche e penitenziarie che, come una medicina piena di effetti collaterali, lo costringerebbero a sentire più forte il peso della sua perdita. Certo quell'uomo rude ed apparentemente insensibile - in questa che è solo un'ipotesi scolastica - proverebbe un sentimento di malinconia, scoprendosi - come di rado gli è accaduto - vulnerabile come un boss non può permettersi di essere, e tanto meno di apparire. Certo, queste tristi riflessioni non gli impedirebbero di comportarsi da quel che è: subito, con il carisma che è innato in lui, darebbe forza e coraggio a tutti quelli che lo circondano, ricordandogli che - nonostante tutte le scemenze che si sentono in un momento in cui chi la spara più grossa ottiene la maggiore visibilità mediatica - siamo noi gli artefici del nostro destino, soprattutto contro questo virus temibile. Così come il Don si rivolge soltanto a persone competenti, quando deve assoldare un eliminatore, o costituire una società estera, o riciclare capitali, occorre avere fiducia in chi - a differenza di noi comuni mortali - si occupa di epidemie. Restiamo a casa il più possibile - direbbe quell'uomo ieratico e pragmatico - e non rompiamo le palle: perché l'epidemia finirà più presto se smettiamo di cercare, in un inutile dimostrazione di stupidità, farla in barba alle regole sanitarie. E il Don - infine - manderebbe un asettico ma affettuoso abbraccio a tutti noi, picciotti e picciotte.
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- 12/01/2021 at 13:38
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Progressione e cambio terapia Dopo più di un anno (ché anzi sembra un record) la capecitabina e vinorelbina non bloccano la progressione. Panico iniziale a parte (una tosse, che sembrava allergica, trova qualche corrispondenza nella Pet, ma dice che è sospetta flogosi, da controllare dopo terapia, il resto aumenta e manifesta altri punti) si passa al palbociclib e faslodex. Speriamo bene. 1 2
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- 10/02/2020 at 23:12
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